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Luigi Salvatori - Biografia
 

Dalla autobiografia di Luigi Salvatori
La Formazione artistica del piccolo Luigi, dal 1959 al 1964

Nell’atmosfera felice degli anni cinquanta, inizia la mia giovinezza e, con essa, i miei  primi impegni scolastici. Già nei primi anni di scuola elementare si cominciano ad intravedere le mie innate qualità artistiche.

Nipote d’Arte, ritrovo le mie qualità artistiche nell’albero genealogico della mia famiglia.

Già il mio trisnonno Pasquale Salvatori e il mio bisnonno paterno Luigi Salvatori e il nonno Romolo Salvatori svolgevano un’attività di “caldararo”, cioè l’arte di lavorare il rame per realizzare pentole, caldari, brocche, scaldini, scaldaletto, e tutti gli altri recipienti fabbricati partendo da una lastra di rame opportunamente tagliata con le  forbici. Una volta tagliata, la lastra veniva chiusa a cilindro e mantenuta tramite rudimentali graffe in fili di ferro fino a che non veniva incernierata con lo stagno, quindi martellata sull'incudine con perizia per darle la curvatura necessaria ed infine, con un abile lavoro di sbalzo, rifinita con motivi ornamentali mediante bulini e speciali martelletti. Il caldararo, un mestiere non molto diffuso, alquanto insolito ed oggi del tutto scomparso, era un artigiano, un vero artista, un talento nel suo campo. La lavorazione del rame era un’arte che si tramandava di  padre in figlio. A Palestrina la lavorazione del rame finalizzata a scopi artistici è stata tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e rinomate che ha affondato le radici in tempi antichissimi.

C’era poi mio zio Marcello Salvatori (Palestrina, 26 gennaio 1921 – 24 luglio 2003), figlio di un fratello di mio  nonno Romolo, cugino carnale di mio padre; è stato un artista dell’area prenestina, della zona di Salerno, Pescara, Cave. La sua attività spaziava nel campo della scultura, dell’incisione, e soprattutto della pittura. Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Roma, avendo avuto come maestri Amerigo Bartoli, Mario Rivosecchi e Mino Maccari, Professore per i suoi quarant’anni di insegnamento di tecniche e storia dell’arte, prediligeva i ritratti, le figure dell’uomo, i paesaggi delle contrade dove aveva vissuto. A Palestrina aveva fondato la galleria d’arte  “il capitello”, insieme ad altri artisti, quali Domenico Rosicarelli, Armando Stellani, Tullio Chiapparelli. Era solito frequentare il bar Altavilla. L’altro Zio, Mario Fornari, Palestrina (17 settembre 1917 – 27 luglio 1974), marito di zia Gianna Coccia, sorella di mia madre, è stato un pittore e noto artista prenestino. Amava rappresentare i paesaggi, ma anche pitture murali e volte delle chiese. E’ stato soprattutto lui che mi ha insegnato le prime  tecniche della pittura ad olio, l’uso dei colori, la differenza tra colori primari e secondari, l’uso dei colori caldi e colori freddi,  l’uso dei contrasti per le vicinanze e le lontananze, le tonalità e le luminosità dei dipinti, e così via…

Infine lo zio Armando Stellani (Frascati 30 luglio 1914- Palestrina 12 giugno 2004), del ramo della famiglia Lulli da parte di mia nonna.  Anche lui faceva parte del gruppo dei pittori prenestini cofondatore della galleria d’arte “il capitello”, a Palestrina. Continuò la gestione del bar aperto a Palestrina a piazza Regina Margherita, da parte del padre Luigi Stellani, fino al 1965. Il bar era conosciuto come “il caffè”, ma in realtà Armando era specializzato non solo per il suo caffè cremoso ma anche e soprattutto per i suoi gelati artigianali, in particolare ai gusti di limone, cioccolato, caffè e fragola e soprattutto per la sua panna. Il bar era frequentatissimo durante le feste estive, feste che duravano quasi ininterrottamente per tutto il mese di luglio ed agosto, in quel periodo felice della storia degli italiani degli anni cinquanta/sessanta. Il bar, negli anni passati frequentato dagli artisti Luigi Cicerchia e Alessandro Scavalli Borgia, era allora frequentato dai suoi amici artisti Domenico Rosicarelli, Tullio Chiapparelli, Marcello Salvatori e dal noto scultore Giuseppe Pirrone che veniva a villeggiare a Palestrina. A me piaceva intrattenermi con zio Armando a parlare di pittura e mi dilettavo nel vedere i suoi quadri di paesaggi e di fiori di ginestre,  caratteristici dell’allora brulla montagna di Palestrina.    
 La sua tematica spaziava dai ritratti, paesaggi e nature morte. Nel suo caffè, ancora oggi è esposta una foto d’epoca dove si vede Armando al lavoro a preparare uno dei suoi famosi caffè.
Grazie ai contatti frequenti con questi miei zii, sulla scia della loro passione e professionalità, seguendo la mia  forte inclinazione naturale, in giovane età ho iniziato la mia attività pittorica. Già a otto anni dipingevo con i colori ad olio, utilizzando all’inizio cartoncini o retro di calendari per poi passare a vere e proprie tele di cotone, o con l’inchiostro di china con i pennini e calamaio che si usavano una volta e a dieci anni realizzavo disegni a china utilizzando il Puntale in ferro del compasso, con la vite per la regolazione della colatura dell’inchiostro di china.

I colori e le tele li acquistavo da mia zia Gianna, che aveva un negozio di colori e carte da parati a Palestrina, e per pagarli aiutavo mio zio Mario Fornari, pittore edile, oltre che artista pittore di quadri. Mi portava con sé come aiutante nel suo lavoro di imbianchino: all’inizio preparavo le tinte, incollavo le carte da parati, poi incominciai anche io a tinteggiare le pareti, porte e finestre, ad applicare carte da parati. Un lavoro che mi piaceva particolarmente era quello di dipingere striscioni e manifesti pubblicitari; già, perché all’epoca non esistevano i computer e le stampe su carte o stoffe o plastiche; tutto si faceva a mano, con pennello e stampini, sui cartelloni di legno o gli striscioni di stoffa. Si pubblicizzavano eventi o attività commerciali del tipo: “Da Baficchio, cucina casareccia”, o simili….. Questo mi aiutò ad avere dimestichezza e confidenza con i pennelli e le tinte e soprattutto con i colori ad olio.

Negli anni ’60 a Palestrina si viveva un periodo di grande fervore artistico e culturale. Mostre d’arte, personali e collettive e mostre estemporanee si svolgevano in tutta la città, al chiuso e all’aperto; fiorivano le associazioni  artistiche; Il paese era pieno di pittori che giravano con i cavalletti in cerca di soggetti e i soggetti a Palestrina non mancavano certo: le rovine dell’antichissimo Tempio della Dea Fortuna che avvolgeva tutto il paese dalla sommità della montagna fino alle sue pendici, gli angoli e i vicoli intatti della città medievale arroccata sulla montagna, la statua in piazza di Pier Luigi Da Palestrina, il campanile romanico della cattedrale, le antiche porte, il convento dei Cappuccini, il mercato di Piazza delle Erbe, la montagna che in primavera e in estate si riempiva di ginestre, Castel S. Pietro Romano che sovrastava il monte dell’antica cittadina. Infine, il caratteristico e più antico quartiere degli Scacciati. Il quartiere nacque a seguito dei contrasti nel XV secolo tra i Colonna e il papa Gregorio XII. Palestrina venne assediata e saccheggiata; gli scacciati erano quei cittadini che furono cacciati dalle loro abitazioni e si rifugiarono nei pressi del Palazzo dei Colonna, dove pian piano vennero riedificate le nuove case che  andarono a formare il nuovo rione. I bombardamenti del 1944 lo danneggiarono pesantemente e la ricostruzione del dopoguerra partì dalla ricostruzione del rione.

Anteprima tratto da “L’evoluzione pittorica di Luigi Salvatori, saggio autobiografico attraverso l’Arte e la Storia a cavallo tra il novecento e il nuovo millennio”.

 
 

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